Le Storie di Erickson

 

LA LOTTA

“Vi darò un esempio di una paziente resistente che voleva una lotta. Entrò nel mio studio e annunciò: "Il dottor Cheek ha cercato di ipnotizzarmi senza riuscirci. Anche molti suoi amici hanno tentato e fallito. Così mi sono fatta tutta la strada da San Francisco a Phoenix in modo che anche lei possa fallire!". La mia risposta fu: "Va bene, ammetto di non riuscirci. Però lei fuma quattro pacchetti di sigarette al giorno, ha un enfisema, è preoccupata per il suo cuore. Io penso che dovremmo discutere di questo, e visto che lei è bene decisa a far si che io non riesca ad ipnotizzarla, lasci che l'aiuti. Guardi solo quell'orologio sul mio tavolo laggiù. E' un comune orologio. E' un orologio da tavolo e lei non deve far altro che guadarlo e tenere gli occhi del tutto aperti e rimanere del tutto sveglia - completamente, totalmente sveglia - e semplicemente ascoltare ciò che le dirò circa il suo enfisema e il suo fumare e circa le paure riguardo allo stato del suo cuore".

Lei tenne gli occhi fissi sull'orologio e ascoltò. Ascoltò talmente assorbita che alla fine delle due ore non si rese conto che erano passate due ore. Pensava di essersi appena seduta nel mio studio. Io non feci altro che aggirare la sua resistenza chiedendole di limitarsi a guardare unicamente quell'orologio. Lei non vedeva lo schedario, gli scaffali, i quadri al muro, il mio tavolo, né nient'altro. La sua attenzione era diretta completamente all'interno di sé, ed era tutta presa dalla sua domanda se dovesse o no smettere di fumare. Doveva smettere di fumare? Doveva smettere di fumare perché aveva paura di morire di un attacco di cuore? Doveva smettere di fumare perché aveva paura dell'enfisema? Che doveva fare a questo riguardo? Come poteva imparare a smettere di fumare?”

Tratto da Milton H. Erickson, GUARIRE CON L'IPNOSI. Casa Editrice Astrolabio 

 

SUGGESTIONE

“Tu hai dei problemi con tua moglie, e lei ha dei problemi con te. E non hai davvero bisogno di dirmi molto di questo, perchè sai qual è il problema, e sai meglio di me cosa pensa tua moglie, dato che io non la conosco. E mentre cominci a pensare a quest'argomento, e a scavare nella tua mente al riguardo, puoi assorbirti in tutto te stesso in quel tentativo di capire ciò che sta avvenendo dentro di te quando hai problemi, quando cerchi di capire, e io vorrei che ti sentissi molto a tuo agio mentre cominci ad esaminare queste idee. Nient'altro è davvero importante, se non capire i tuoi problemi, e capire come vuoi sentirti, e capire perché vuoi sentirti in un dato modo.

Ora i tuoi pensieri possono essere positivi, possono essere negativi, ma in ogni caso io voglio che tu ti senta estremamente a tuo agio in questo diretto, attento esame della tua mente a proposito di tutte queste cose che ti stanno disturbando da un punto di vista emozionale - magari disturbando in un gran numero di modi diversi - e voglio che tu presti attenzione solo a quelle particolari cose. E da tutto quello che ti dico tu puoi scegliere unicamente quelle parole che sono significative rispetto al tuo problema.”

Tratto da Milton H. Erickson, GUARIRE CON L'IPNOSI, Casa Editrice Astrolabio.

 

PAZIENTE D

“Il caso è imperniato su di un punto morto raggiunto durante la terapia e sull'utilizzazione d'una fantasia sul futuro per ottenere un'efficace ripresa dei progressi terapeutici.

La paziente soffriva d'una profonda nevrosi d'angoscia con gravi reazioni depressive e di ritiro, e con modelli di comportamento nettamente dipendente. Era stata praticata parecchia ipnoterapia, e le sue risposte iniziali erano state buone. Tuttavia, con la prosecuzione della terapia, aveva assunto atteggiamenti sempre più negativi, opponendo una crescente resistenza.

Infine, si arrivò al punto che la paziente, durante l'ora di terapia, si limitava ad una valutazione intellettuale dei suoi problemi e delle sue esigenze, mantenendo lo status quo tutte le altre volte.

Alcuni esempi basteranno a illustrare il suo comportamento. Per serie ragioni, non poteva tollerare la situazione in casa dei genitori, ma si ostinava a restarci, nonostante le effettive difficoltà e le occasioni favorevoli per lasciarla. Si risentiva amaramente della situazione del suo impiego, ma rifiutava di accettare una promozione che le era accessibile. Riconosceva pienamente di aver bisogno di svolgere attività sociali ma evitava tutte le occasioni, spesso con difficoltà. Discuteva a lungo il suo interesse per la lettura e le lunghe ore che trascorreva in camera sua, desiderando invano di avere qualcosa da leggere, ma non voleva entrare nella biblioteca davanti alla quale passava due volte al giorno, nonostante le numerose promesse che rivolgeva a se stessa.

Inoltre, prese a chiedere con insistenza sempre maggiore che l'autore intervenisse per costringerla a fare le cose che lei riconosceva necessarie e giuste ma che non sapeva risolversi a fare.

Dopo molte ore inutili, la paziente incentrò finalmente i suoi pensieri sull'idea che, se fosse riuscita ad ottenere anche una soltanto delle cose desiderate, avrebbe trovato lo slancio e la decisione per realizzare le altre.

Dopo che ella ebbe sottolineato più volte tale dichiarazione, venne presa in parola.

Venne quindi ipnotizzata profondamente e, nello stato sonnambulico, le venne data istruzione di vedere una serie di sfere di cristallo. In ognuna di esse sarebbe stata raffigurata un'esperienza significativa della sua vita. Doveva studiarle, effettuando confronti, osservando contrasti, e notando la continuità dei vari elementi da un livello di età ad un altro. Da questo studio sarebbe emersa lentamente una costellazione di idee che si sarebbero formulate a sua insaputa. La formulazione le sarebbe poi divenuta manifesta tramite un'altra sfera di cristallo, più grande, in cui si sarebbe vista raffigurata piacevolmente, felicemente e desiderabilmente, in qualche attività futura.

La ragazza trascorse circa un'ora, assorta nello studio delle varie scene allucinatorie, guardandosi intorno di tanto in tanto, come se cercasse l'altra sfera di cristallo.

Finalmente la identificò e vi dedicò tutta la sua attenzione, descrivendo all'autore la scena con avido interesse.

Era la scena del matrimonio di un'amica di famiglia, che in realtà doveva avere luogo di li a tre mesi. La ragazza vide frequenti "primi piani" di se stessa e di altri. Descrisse la cerimonia nuziale, il ricevimento e il ballo. Si interessò particolarmente dell'abito che la sua immagine indossava, ma seppe dire soltanto che era "molto bello". Osservò le danze, identificando alcuni degli uomini con cui ballava, e fece il nome di quello che le chiese un appuntamento. Più volte osservò che appariva felice e che c'era un grande contrasto tra il suo aspetto attuale e quello che aveva al matrimonio.

Fu difficile indurla a smettere di osservare la scena della festa di nozze, perché era estremamente interessata e compiaciuta del proprio comportamento.

Alla fine, le vennero impartite istruzioni di serbare nell'inconscio tutto ciò che aveva visto e di avere un'amnesia, allo stato di veglia, per le esperienze della trance. Inoltre, le fu spiegato, questo avrebbe costituito un'enorme forza motivante, in base alla quale avrebbe potuto utilizzare costruttivamente tutte le sue capacità.

La ragazza venne poi svegliata e congedata, con una suggestione postipnotica per la  continuazione dell'amnesia.

Vi furono solo altre due sedute terapeutiche, ed entrambe vennero limitate nella portata dalla paziente stessa. Ogni volta questa affermò che non aveva nulla da dire fino a quando fosse stata ipnotizzata.

Quando questo fu fatto, in entrambe le occasioni dichiarò che voleva istruzioni di ricordare molto chiaramente nell'inconscio tutto ciò che aveva visto, pensato e sentito mentre assisteva alla scena delle nozze. Ogni volte le vennero impartite le istruzioni desiderate; dopo circa mezz'ora di silenziosa riflessione in stato di trance, chiese di essere svegliata e congedata. Con la seconda visita, pose fine alla terapia.

Non venne rivista se non parecchi giorni dopo il matrimonio, tre mesi più tardi.

Quella volta entrò nello studio senza appuntamento e spiegò: "Sono venuta a parlarle del matrimonio di Nadine. ho la strana impressione che lei sappia tutto di quell'avvenimento eppure non ne sappia niente. Ma so che, per qualche ragione, debbo darle una spiegazione".

La spiegazione fu che lei, Nadine e lo sposo erano amici d'infanzia, e che anche le loro famiglie erano molto legate. Circa tre mesi prima, dopo una seduta terapeutica, si era sentita spinta a interrompere la terapia e a dedicare tutte le sue energie a prepararsi per quel matrimonio. Quando le venne chiesto di fare da damigella d'onore della sposa, decise di farsi da sola il vestito. Questo aveva reso necessario ottenere una promozione sul lavoro, per avere orari migliori. Poi aveva preso un appartamento in città, per non sprecare tre ore al giorno per andare e tornare a casa dal lavoro. Era andata a fare acquisti con varie amiche per aiutarle a scegliere i regali di nozze, e aveva organizzato ricevimenti per la presentazione dei doni alla futura sposa. Nel complesso, era stata indaffaratissima e felice.

Descrisse il matrimonio, il ricevimento e il ballo. Rimase sbalordita quando l'autore le chiese se aveva ballato con Ed, e se era stato lui a chiederle un appuntamento. Rispose, con considerevole stupore, come mai l'autore potesse rivolgerle una domanda tanto precisa. Aveva ballato con Ed, ma aveva prevenuto la sua richiesta d'un appuntamento perché non lo giudicava adatto a lei. Tuttavia, aveva accettato un appuntamento con un altro invitato.

Finalmente, le venne ricordato lo scopo originale per cui si era recata dall'autore. Rispose semplicemente: "Ero una ragazza piuttosto giù quando venni da lei per la prima volta. Ero terribilmente sottosopra, e le sono grata per avermi aiutata a riprendermi in tempo per prepararmi a questo matrimonio". Non si era resa conto che i preparativi per il matrimonio costituivano la sua guarigione.

In seguito, è stata rivista talvolta, casualmente. E' felicemente sposata e madre di tre bambini.”

Tratto da Milton H. Erickson, LE NUOVE VIE DELL'IPNOSI, Casa Editrice Astrolabio,1978.

 

UN PETTINE A UN DENTE SOLO

“Venne da me una signora che mi raccontò di avere numerose paure e di essere particolarmente in ansia per i suoi capelli. 

Non riusciva a trovare un buon parrucchiere in tutta la città. Li teneva pettinati verso destra, poi verso sinistra e infine all'indietro, ma tutte queste posizioni differenti significavano che aveva difficoltà a tenere in ordine i suoi capelli. Quando cercavo di parlare con lei di altre cose, ritornava immediatamente a parlare del problema dei suoi capelli. Dopo che ebbe sprecato due ore in questo modo, dissi: "Durante quest'ora mi dica tutto dei suoi capelli e parli continuamente perché alla fine dell'ora le dirò una cosa completamente priva di senso. Ascolterò qualunque cosa lei mi dirà e, quando lei parlerà di qualcosa che mi dia l'opportunità di dire una frase priva di senso, lo farò. Appena avrò detto questa frase aprirò la porta e lei andrà via".

La donna parlò dei suoi capelli, di onde, di ricci, di capelli lunghi, di shampoo, ecc. Alla fine dell'ora iniziò casualmente a parlare della sua difficoltà nel pettinare i capelli e allora dissi: "Guardi, lei vuole dire che in realtà le piacerebbe pettinare i suoi capelli con un pettine a un dente solo".

La condussi fuori dallo studio mentre lei continuava a guardarmi inebetita. Continuò a pensarci su per tre giorni, mi disse che tornando a casa e per tutto il giorno successivo non era riuscita a trovare alcun senso nelle mie parole: "Dopo tre giorni però ho iniziato a interessarmi della mia vita sessuale e mi sono convinta sempre di più che il mio problema è lì". Dopo di che iniziammo un buon lavoro terapeutico.”

 

Tratto da J. Haley, TERAPIE NON COMUNI. TECNICHE IPNOTICHE E TERAPIA DELLA FAMIGLIA, Casa Editrice Astrolabio.